ASSOCIAZIONE CULTURALE DIEGO DE MINICIS
PETRIOLO (MC)
Antonio Mollari (1768-1843) un architetto e Ingegnere marchigiano
Convegno nazionale, Abbadia di Fiastra (MC)
17 – 18 Giugno 2013
Comitato Scientifico
Prof.ssa Elisa Debenedetti (Presidente)
Dott.ssa Angela Cipriani
Prof. Arch. Giuseppe Cruciani-Fabozzi
Prof. Arch. Fabio Mariano
Prof. Massimo Montella
Prof.ssa Susanna Pasquali
Dott.ssa Orietta Verdi
Prof.ssa Nicoletta Zanni
Comitato organizzatore
Prof. Gianfrancesco Berchiesi
Ing. Fausto Carratù
Dott. Michele Spanò
Comitato esecutivo
Prof. Arch. Paolo Belardi
Prof. Arch. Mauro Saracco
Dopo l'esperienza del 2006, quando Antonio Mollari fu riproposto all'attenzione della società con una mostra tenuta presso la sala espositiva di Petriolo (ex Chiesa del Suffragio), era nata in noi la convinzione che fosse necessario organizzare una manifestazione più ampia da cui emergesse la vera natura di Mollari, che già in quella occasione presentammo come figura composita in cui era coesistente sia il tecnico che l'artista.
Nel 2013, infine, dopo vari tentativi di coinvolgere vari enti, il Prof. Cruciani Fabozzi ed io abbiamo preso la decisone di gettarci a capofitto nell'organizzazione di un evento, che fosse il punto di riferimento sulla conoscenza di Mollari. La manifestazione ha avuto successo ed ha ottenuto il sostegno economico della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata a cui vanno i nostri sinceri ringraziamenti.
Il giorno 17, prima dell'inizio dei lavori, hanno salutato i convegnisti:
Dr.Lorenza Mochi Onori, del MiBac, Ancona
Arch. Paola Mazzotti, Area cultura Regione Marche
Prof. Dario Amodio, Preside Facoltà di Ingegneria, Ancona
Prof. Pierluigi Falaschi, Centro Studi Storici Macerata
Avv.Pietro Antonio Siciliano, Presidente, Consiglio Comunale di Corridonia
Successivamente dopo tre brevi introduzioni di Elisa Debenedetti, Giuseppe Cruciani Fabozzi e Fabio Mariano, sono iniziati i lavori.
I sessione
A.Gambuti: Letteratura tecnica e formazione degli architetti ai tempi di Antonio Mollari
A.Cipriani: Apprendistato in Accademia? Roma come vera Accademia: incontri, scambi, aperture.
S.Pasquali: Fuori dall'Accademia. Le esperienze didattiche offerte a Roma negli anni '80 e '90 del settecento.
O.Verdi: Disegni tecnici di Antonio Mollari, “Pubblico Perito” e Ingegnere in capo di acque e strade (1818-1819)
II sessione
Carlo Mambriani: Il concorso per la loggia mercantile ed il verdetto dell'Accademia di Parma
Gian Paolo Consoli: Francesco Milizia e la tipologia della Borsa
Nicoletta Zanni: Tre protagonisti dell'architettura neoclassica a Trieste: Matteo Pertsch, Antonio Mollari e Pietro Nobile
Fabio Mariano: L'architettura nelle Marche dal Neoclassico al “Purismo”
G.Cruciani Fabozzi, F.Sileoni: Indagini su Mollari Architetto prima e dopo l'exploit triestino: 1789/99 – 1807/17
Sabina Carbonara Pompei: L'Ing. Luigi Mollari e la sua collaborazione con il padre.
III sessione
Elisa Debenedetti: Ingegnere idraulico a Pesaro: 1818 ed oltre
N.Lombardini e F.Fabbi: La legazione apostolica di Ravenna, Antonio Mollari e il Cardinal Agostino Rivarola. Strade, Piazze e Fabbriche
Gianfrancesco Berchiesi: L'Associazione Culturale Diego De Minicis: dall'incontro con le Tavole di Petriolo alle giornate odierne
Fausto Carratù: Testimonianze su famiglia e Cimeli Mollari
IV sessione
Mauro Saracco: Palazzo De Sanctis a Matelica: Antonio Mollari e la nuova scena urbana di Piazza Valerio
Paolo Belardi: Il Palazzo Comunale di Foligno
Stefano Gizzi: L'eredità di Valadier sui restauri ottocenteschi: epigoni ed esempi
Massimo Montella: Per la tutela e la valorizzazione delle tracce di Mollari in Umbria e nelle Marche
Federico Valacchi: Progettare la memoria: le fonti per l'architettura nel web archivistico italiano.
RIASSUNTI
LETTERATURA TECNICA E FORMAZIONE DEGLI ARCHITETTI
AI TEMPI DI ANTONIO MOLLARI
Alessandro Gambuti
Allo scopo di tracciare un quadro d’insieme – e tuttavia incompleto – della letteratura tecnica contemporanea di Antonio Mollari, si devono considerare alcuni aspetti che concorrono a qualificare l’istruzione professionale propria degli architetti, mediante la definizione delle basi teoriche e dei procedimenti pratici indispensabili per il loro operare. Ritengo perciò di dover insistere sulle raccomandazioni o i precetti di ordine generale – come la necessità di unire lo studio delle scienze a quello delle arti – che di regola costituiscono un preambolo a trattazioni complessive di materie architettoniche; d’altronde queste affermazioni di principio mostrano strette analogie e paralleli con i concetti ripetutamente espressi, tra gli anni ’50 e '60 del Settecento, nella saggistica critica ispirata al razionalismo illuminista.
Nel 1764 Girolamo Fonda, matematico, pubblicando gli Elementi di Architettura Civile e Militare, dedica la Prima parte alla ‘Sodezza delle fabbriche’, premettendo i problemi costruttivi alla convenienza e all’estetica degli edifici. A questa priorità non si attiene in seguito (1781) Francesco Milizia che, pur avviando i suoi Principj di Architettura civile con il tema della ‘bellezza’, e poi della ‘comodità’ delle diverse tipologie pubbliche e private nella parte seconda, destinerà alla ‘solidità’ tutta la terza, corredandole di lunghe citazioni di esperienze di meccanica razionale, di fisica e di ingegneria, traendole dai più accreditate autori europei di allora.
A qualche anno di distanza (1788) Girolamo Masi stampa, a vantaggio della ‘gioventù specialmente romana’, le istruzioni di Teoria e pratica di architettura civile, ricollegandosi al metodo del Fonda e integrando, sulla scorta del Milizia e dei ‘migliori scientifici’, le nozioni relative ai materiali e alle ‘resistenze’ con il sussidio di tavole. Nel frattempo (1772) era stato ristampato il Manuale di Giovanni Branca con le revisioni e le postille di Leonardo de Vegni, erudito e dilettante di architettura: l’operazione editoriale, ma anche culturale, si colloca nell’ambito della letteratura specifica, sebbene il valore intrinseco di certi ‘accrescimenti’, ovvero emendamenti, sia limitato; anche con analogo intento sarà autore Giovanni Antonio Antolini di ‘osservazioni ed aggiunte’ (1817) al testo dei Principj del Milizia; ma, nei confronti di questo ampio trattato, si era potuto prima apprezzare l’apporto grafico, per la sua utilità didattica, delle tavole incise da Giovan Battista Cipriani allegate all’edizione del 1800.
Pertanto, se nell’ultimo ventennio del XVIII secolo si assiste a un incremento dell’indirizzo formativo delle ‘istituzioni’ di architettura, un deciso contributo in senso professionale darà l’ Architettura pratica di Giuseppe Valadier, nella forma di esaurienti lezioni cattedratiche illustrate da realistici disegni dimostrativi degli elementi strutturali e delle attrezzature di cantiere.
Apprendistato in Accademia? Roma come vera accademia: incontri, scambi, aperture.Antonio Mollari, un allievo di Giuseppe Valadier
Prof. Angela Cipriani
Ben poco si conosce della formazione romana di Antonio Mollari ma difficilmente poté essere allievo di Giuseppe Valadier , maggiore di lui di solo sei anni.
Nessuna menzione del suo passaggio come allievo è conservata negli archivi dell’Accademia di San Luca, istituzione di riferimento per gli architetti e gli artisti anche in quegli ultimi decenni del ‘700.
Ma la carenza del materiale documentario giunto a noi non permette di escludere la sua frequentazione in quelle aule dove molto probabilmente incontrò anche il poco più anziano Giuseppe Valadier. In mancanza di dati precisi è comunque possibile ricostruire il tipo di didattica allora impartita e le possibili frequentazioni romane di un giovane che fosse giunto a Roma e vi avesse trascorso quegli ultimi quindici anni del secolo XVIII, con l'intento di “perfezionarsi nell'architettura”.
FUORI DALL'ACCADEMIA. LE ESPERIENZE DIDATTICHE OFFERTE A ROMA NEGLI ANNI '80 E '90 DEL SETTECENTO
Prof.Susanna Pasquali
Roma per secoli è stata la meta di quanti, tra i giovani architetti, erano intenzionati a completare la loro formazione attraverso lo studio dell'antico: quando vi arriva Antonio Mollari, trova una situazione che - da almeno un decennio - era in corso di rinnovamento: a partire dai primi anni '80, ai percorsi didattici fino allora organizzati sotto il controllo dell'Accademia di San Luca, si andavano affiancando ulteriori iniziative di trasmissione del sapere. Entro il quadro di queste offerte innovative - delle quali si presenta una documentata ricostruzione - si individua il presumibile percorso seguito da Mollari.
DISEGNI TECNICI DI ANTONIO MOLLARI, “PUBBLICO PERITO” E INGEGNERE IN CAPO DI ACQUE E STRADE (1818-1819)
Dott.Orietta VERDI
Nei fondi conservati all’Archivio di Stato di Roma sono stati rintracciati più di 20 disegni di opere stradali e idrauliche di Antonio Mollari, oltre al suo curriculum vitae alla data del 1817, quando egli produsse i suoi titoli per partecipare alla selezione dei candidati per i posti di ingegnere pontificio, presso la Direzione Generale di Acque e Strade.
Dai disegni firmati da Antonio Mollari e dalla documentazione conservata nel fondo del Consiglio d’Arte, organo consultivo della Direzione Generale, si può tentare di ricostruire brani sconosciuti della sua attività di perito di parte nelle controversie tra confinanti e soprattutto è possibile individuare le opere da lui progettate ed eseguite nella sua breve e intermittente carriera di ingegnere in capo di Acque e Strade nella delegazione di Pesaro e successivamente come ingegnere camerale nella legazione di Forlì.
IL CONCORSO PER LA LOGGIA MERCANTILE ED IL VERDETTO DELL' ACCADEMIA DI PARMA
Prof. Carlo Mambriani
Il favorevole giudizio emanato dall’Accademia di Parma sul progetto di Borsa per Trieste presentato da Antonio Mollari fu determinante per la carriera. Esso fu ritenuto superiore a quello presentato da Matteo Pertsch, che pure aveva ottenuto il primo premio al concorso parmense del 1794 e si dichiarava allievo a Milano dell’accademico clementino Pietro Taglioretti, a Parma premiato nel 1781 con la seconda corona e nominato accademico d’onore nel 1786 per aver inviato un disegno di tempio dedicato al Dio del Commercio.
Sulla scorta dei fondamentali contributi di Nicoletta Zanni e dei documenti superstiti si tenterà di evidenziare le ragioni per cui il ceto mercantile triestino affidò la scelta proprio all’istituto emiliano e i motivi intrinseci ed estrinseci che indussero la giuria a favorire l’architetto marchigiano benché non avesse partecipato in precedenza al alcuno dei suoi concorsi.
FRANCESCO MILIZIA E LA TIPOLGIA DELLA BORSA
Prof. Gian Paolo Consoli
Nei Principj di Achitettura civile (1781) Francesco Milizia dedica l'intero libro terzo (oltre 100 pagine) della parte II, dedicata alla “Comodità”, alla definizione e catalogazione dei tipi edilizi dell'architettura “civile”. Nella sua idea rigorosa e razionale della nuova architettura, un ruolo fondamentale lo assumono i nuovi tipi edilizi destinati alla comunità dei cittadini, per ognuno dei quali indica alcune caratteristiche da rispettare, in particolare gli edifizi pubblici sono divisi in: Di sicurezza pubblica, Di utilità pubblica, Di abbondanza pubblica, Per salute e pulizia pubblica, Per la maggiore sublimità.
La Borsa è catalogata tra gli Edifizi di ragion pubblica insieme ai Tribunali, le Zecche e le banche. Scopo di questo intervento è analizzare la catalogazione tipologica proposta da Milizia e confrontare le sue indicazioni sull'edificio della Borsa (si lamenta infatti dell'assenza in Italia di esempi di edifici di Borse simili a quanto si poteva trovare nel Nordeuropa, cita in particolare la Borsa di Amsterdam) con gli esempi costruiti in Italia ed in Europa tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento. E' chiaro infatti che le caratteristiche del tipo in questi anni diventano più chiare e definite e le indicazioni di Milizia per un edificio porticato con una grande sala centrale, sono comuni a molti esempi, basti citare due esempi tra i più noti: la Borsa di Pietroburgo di Thomas de Tomon (1804) e la Borsa di Parigi di Brogniart (1808-26).
Meno monumentali e definiti sono gli esempi italiani, come dimostra la stessa Borsa di Trieste, peraltro piuttosto precoce nel panorama nazionale. L'analisi intende mettere a confronto gli esempi principali tra di loro e con la definizione del teorico pugliese.
TRE PROTAGONISTI DELL'ARCHITETTURA NEOCLASSICA A TRIESTE MATTEO PERTSCH ANTONIO MOLLARI PIETRO NOBILE
Prof.Nicoletta Zanni
Dopo un breve excursus sui caratteri dell’ urbanistica neoclassica di Trieste, ci si concentra sull’apporto di alcuni dei protagonisti della progettazione architettonica, tra fine Settecento e prima metà dell’Ottocento, e sui principali edifici pubblici e privati edificati (Borsa, Teatro, chiese, ospedale, palazzi e palazzetti) che hanno dato risalto all’omogeneità visiva dell’imprinting neoclassico: espressione di una classe emergente che associa l’utilità al decoro, ma non indulge all’ostentazione e agli sprechi, la nuova borghesia dei commerci marittimi. Quella stessa alta borghesia cresce per dimensioni e attività finanziarie e poi innesta lo sviluppo storicistico ed eclettico della Trieste borghese del secondo Ottocento, non trascurando però l’aspetto neoclassico che coinvolge in nuove dimensioni.
Vengono infine presentati alcuni documenti d’archivio e alcuni progetti inediti di Antonio Mollari, nonché alcune vedute pittoriche di Pietro Nobile conservate nell’Ateneo triestino.
L'ARCHITETTURA NELLE MARCHE DAL NEOCLASSICO AL “PURISMO”
Prof. Fabio Mariano
La produzione architettonica del primo Neoclassicismo “funzionalista”, introdotta negli Stati romani dal genio del Vanvitelli, con le sue giovanili opere nelle Marche aveva definito un nuovo linguaggio compositivo, un particolare gusto semplificato del decoro architettonico. Stimolata dai ristretti programmi edilizi, la nuova ed originale sobrietà formale e cromatica – tutta giocata sull’uso del laterizio arricchito da essenziali sottolineature lapidee – assegnava alle pregnanti sintesi di nuove invenzioni icnografiche tutta la responsabilità del valore comunicativo e spaziale dell’architettura neoclassica. Furono novità che lasceranno il loro segno in tutta la produzione edilizia della regione dalla seconda metà del XVIII secolo all’elezione di Pio IX, gestite dagli ammirati quanto da lui misconosciuti epigoni. L’invasione napoleonica dal 1797 scuoterà molte delle sonnacchiose arretratezze delle piccole comunità dello Stato papalino impostando l’ordine territoriale delle amministrazioni sul modello funzionale francese dei Dipartimenti e sotto i criteri dell’organizzazione moderna dell’ aménagement du territoire. Dopo la Restaurazione tutto apparirà cambiato nelle forme come nelle idee, e le città ne furono il teatro e la scena adeguandosi ai nuovi strumenti urbanistici, alla nuova catastazione, alle nuove tipologia architettoniche degli oramai inderogabili servizi pubblici, ai nuovi ruoli assegnati agli ingegneri ed architetti comunali e delegatizi, alle generali riforme dello Stato cui furono in qualche modo costretti sia Pio VII con l’ispirazione illuminata del cardinal Consalvi e del camerlengo Pacca, sia poi anche Gregorio XVI.
Il tema del Purismo architettonico divenne allora lo strumento formale di rappresentazione del nuovo funzionalismo tipologico: linearità, proporzione e buon gusto furono i suoi presupposti teorici; correttezza costruttiva e rispondenza razionale tra funzioni e planimetrie il metro di giudizio; attenzione costante al programma economico - che non temeva la serena semplificazione delle forme e delle membrature – si sposava col recupero dei modelli classici e vitruviani riletti attraverso la mediazione trattatistica dei livres de chevet del Vignola e soprattutto del Palladio. Si trattava di “un superamento più che una elusione dell’esperienza neoclassica” (Lavagnino, 1956), della declinazione finale del più ampio movimento culturale europeo neoclassico, oramai esausto, collocato in un breve torno di decenni, poco prima che la temperie del Romanticismo di metà secolo influenzassero le arti della costruzione al punto di disperderne le secolari certezze evolutive in un eclettico florilegio sperimentalistico di revivals storici, figlio di un’era di inquieto e titubante trapasso verso l’irreversibile progresso di una società industriale.
Indagini su Mollari architetto prima e dopo l’exploit triestino :1789/99 -1807/17
Giuseppe Cruciani-Fabozzi, Fabio Sileoni
La scoperta, nella Biblioteca di Bassano, di una “Nota” autografa dei propri lavori trasmessa a Canova da Mollari non più tardi del 1808 e, presso l’Archivio di Stato di Roma, del “Transunto”dei Titoli da lui prodotti ai fini dell’aggregazione al Corpo degli Ingegneri pontifici di Acque e Strade ha permesso di ricostruire, integrando le esigue notizie raccolte in precedenza, il curriculum dell’architetto fino alla sua chiamata al Pesaro (1817), grazie al sostegno del card. Rivarola.
Quanto emerso dai due documenti, finora sconosciuti, ha indotto a condurre una campagna mirata d’indagini presso l’Archivio di Macerata e in quelli di Corridonia, Pollenza e Tolentino, per l’acquisizione di maggiori notizie sull’attività di Mollari dalla fase d’esordio alla trasferta triestina (1789-99) e nel decennio seguente il suo rientro in patria (1807-17), sia come funzionario del Dipartimento del Musone e della Delegazione pontificia, sia come professionista autonomo.
La ricerca, comprensiva di sopralluoghi e verifiche catastali, ha portato ad assegnargli con sufficiente certezza numerose opere “adespote” (ex Convento di San Francesco, Palazzo Tommassini, Educandato delle Clarisse, casa Rioli, ecc. a Corridonia) oltre che i disegni di varie fabbriche a Macerata e nel suo hinterland, raccogliendo inoltre più indizi del suo presumibile intervento in almeno due cantieri di Valadier (la Collegiata di S. Pietro a Montolmo e il Palazzo Ugolini a Macerata), un apporto che, per l’Ospedale di S.Salvatore, giungerà alla modifica del progetto originario.
III Sessione
Ingegnere idraulico a Pesaro: 1818 e oltre
Elisa Debenedetti
Breve accenno ai rapporti di Mollari con Canova e Valadier.
Attività come ingegnere in capo della delegazione di Pesaro e Urbino, attraverso fogli acquerellati della Collezione dei disegni e piante e degli atti per luoghi del Buon Governo presso l’Archivio di Stato di Roma. Quasi tutti di Angelo Pistocchi e del 1819, essi sono sottoscritti da Antonio Mollari e accompagnati da relazioni sue proprie, dell’ispettore Brandolini, dei membri del Consiglio d’arte, del Tesoriere e del Camerlengo. Solo due disegni, in particolare, sono autografi e da indagare con cura.
La Legazione Apostolica di Ravenna, Antonio Mollari e il cardinal Agostino Rivarola.
Strade, Piazze e Fabbriche.
Nora Lombardini, Fulvia Fabbi
Il presente studio verte sull’analisi dei documenti originali conservati presso l’Archivio di Stato di Ravenna e inerenti il governo della Legazione Apostolica, in special modo riferiti ai lavori di Strade, Piazze e Fabbriche. La documentazione riguarda procedure d’appalto e lavori di collaudo, molti dei quali a firma dell’architetto e ingegnere Antonio Mollari, arrivato a Ravenna proprio al seguito del cardinal Legato a Latere Agostino Rivarola. Il rapporto tra queste due personalità, dedotto dalla corrispondenza amministrativa, è stato proficuo e a tutt’oggi risulta preziosa fonte di informazioni sulle procedure di assegnazione e verifica dei lavori pubblici, nonché sull’uso di materiali e coinvolgimento di persone nelle opere e nelle vertenze amministrative. Mollari si evidenzia per un ruolo attivo nell’esame delle pratiche, soventemente assegnate proprio a lui in qualità di libero professionista esterno all’Ufficio di Acque e Strade della Legazione.
L'Associazione Culturale Diego De Minicis. Dall'incontro con le tavole di Petriolo alle giornate odierne
Gianfrancesco Berchiesi
Nel 2005, dopo il mio pensionamento, invitato dal Comune di Petriolo a riordinare il materiale cartaceo che giaceva in una confusione incredibile in due luoghi distinti, mi sono imbattuto in due antichità molte preziose ai miei occhi abituati a leggere quanto di più recente l’Editoria mettesse a disposizione: i CATASTI settecenteschi dell’agrimensore maceratese Pietro Tartufari del 1732, insieme agli editti cardinalizi connessi, e le tavole acquerellate di Antonio Mollari, cinque in tutto, che erano appese incorniciate nella sala consiliare del Comune. Una di queste, avendo il vetro rotto era stata portata in cantina, luogo umido e pieno di muffe.
Questi due ritrovamenti sono stati l’incipit di un percorso che mi ha spinto a fondare un’Associazione a cui abbiamo dato il nome del brillante e sfortunato scultore Diego De Minicis, strappato alla vita da una granata in una guerra disumana. Il nostro compito è ricercare, salvare, togliere dall’oblio. Nacque così la prima manifestazione su Antonio Mollari del 2006 (Antonio Mollari tecnico ed artista), che ha avuto il merito di riparlare di lui, di legare le tavole di Petriolo al resto della sua attività e di unire due energie pulsanti: quella del Prof. Cruciani Fabozzi e la mia, che dal quel momento si sono impegnate per ricostruire Mollari. Per chi deve presentare Mollari ad una scolaresca o ai partecipanti ad un incontro culturale sorge il problema: come presentarlo? La parola infatti non è solo suono, ma è forza evocatrice: architetto o ingegnere evocano mondi diversi alla gente comune. Era architetto o ingegnere? Mi hanno chiesto i visitatori del piccolo museo di Petriolo e gli studenti stessi. Costruire ponti o strade era un ripiego per l’architetto Mollari? Domanda difficile!
A parte una relazione del Prof.Cruciani, presentata in una delle annuali riunioni del Centro studi storici del Maceratese e il libro della Prof. Zanni sul Palazzo della Borsa vecchia di Trieste, quasi nulla esiste su Mollari e questo crea sicuramente un problema di “comunicazione” per chi deve presentare ad un auditorio questo personaggio. Tutto ciò perché fino ad ora non c’era un’analisi che definisse la struttura dell’uomo Mollari. Non sempre un uomo è racchiudibile dentro ad una definizione. Così Pasteur, che era chimico e fisico è più noto come microbiologo-medico, così Louis De Broglie, fisico, con il suo principio del dualismo onda particella ha sconfinato in aree filosofiche. Così non ci dobbiamo stupire se Mollari, mentre edificava la sua opera più importante a Trieste, costruiva pure una strada che saliva a S.Giusto. Dicevo ai miei visitatori che delle tavole del Palazzo della Borsa quelle che denotano il nucleo del suo essere sono le prime due: la prima rappresenta l’area acquitrinosa concessagli, di forma non regolare, il canale della Portizza, la seconda è la tavola della palizzata di fondazione. Nella prima a mio avviso si vede come sappia gestire lo spazio e l'armonia con il preesistente e la seconda è il suo capolavoro di ancoraggio della struttura ad un terreno difficile. La parte “ornata” del lavoro, veniva poi. Era uno stadio successivo. I suoi due aspetti formativi, che da questo convegno emergeranno chiaramente, quello tecnico-matematico e quello artistico erano sempre pronti ad emergere alla bisogna. Il mio incontro con le tavole di Petriolo è stato un piccolo battito d’ali, che, come nella teoria delle catastrofi, ha generato il turbine che ha riportato luce su Mollari. Ovviamente il turbine creativo siete voi, con Cruciani direttore d’orchestra.
Testimonianze su famiglia e cimeli Mollari
Fausto Carratù.
Il
relatore riferisce della sua personale conoscenza dei pronipoti
dell'architetto Antonio Mollari. Ne illustra l'albero genealogico,
soffermandosi sui singoli componenti, mostra i ritratti dipinti e le
foto di famiglia. Mostra le stampe e gli oggetti che provano la
strettissima amicizia tra l'architetto e
Antonio Canova, incluso
un notevole busto dello stesso Canova, oggi ai Musei Vaticani.
Riferisce della corrispondenza, solo in parte nota, in gran parte
ancora da editare, tra l'architetto e lo scultore. Si sofferma su una
ipotesi riguardante l'attribuzione del ritratto ad olio
dell'architetto.
Riferisce del ritrovamento della tomba
dell'architetto nel cimitero monumentale del Verano di Roma. Mostra
alcuni interessanti oggetti privati dell'architetto. Riferisce infine
alcune notizie riguardanti moglie, unico figlio e nipoti. Del figlio,
ing. Luigi, mostra alcuni interessanti disegni
ottocenteschi.
IV Sessione
palazzo
de sanctis a matelica: antonio mollari e la nuova "scena urbana"
di Piazza valerio.
Mauro Saracco
Nei
primi decenni del XIX secolo la "scena urbana" di Piazza
Valerio a Matelica, viene riplasmata attraverso una serie di
rilevanti interventi edilizi improntati al nuovo linguaggio formale
neoclassico. L'operato del Mollari, nel palazzo del conte Filippo De
Sanctis, si inserisce in questa ampia operazione che vede coinvolti
progettisti già affermatisi sulla scena nazionale,
testimoniando la permeabilità delle "periferie" alle
tendenze più aggiornate del "gusto" internazionale.
Il Palazzo Comunale di Foligno
Una facciata in funzione di contrafforte
Paolo Belardi
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
Università degli Studi di Perugia
“Agli Egreggi Rappresentanti Professori dell’Accademia delle Belle Arti del Disegno dell’Augusta Città di Perugia. Il Novello Architetto Antonio Mollari. Quanto in aspettata altrettanto gradita mi fu la Patente che le Signorie Vostre si compiacquero spedirmi arrollandomi nel numero delli Signori Accademici. La troppo chiara conoscenza che io ho de miei scarsi talenti, e della mia tenue abilità fa si che confonda col piacere la mia confusione. Privo di una buona parte di quei tanti requisiti che si richieggono per giustificatamente portare il nome di vero Architetto, se non avessi in più incontri aute non dubbie prove della ingenuità, e Sincerità del Loro Cuore, mi sarei fatto un preciso dovere di pregarle a dispensarmi da tanto onore ed eccitarle a riserbarlo per soggetti infinitamente più di me meritevoli, come lo sono tutti gli anteriormente aggregati Professori. Ma giacché la sperimentata Loro Saviezza, e cognizione unita ad un cuore magnanimo e generoso hanno deciso ch’io possa far parte di un’Unione di tanti Celebri Professori che formano la gloria, l’onore, e la Superiorità della Nostra Italia sopra tutte le altre Nazioni del mondo in materia di Belle Arti appoggiato alla Fama purgata, ed alla celebrità de miei Colleghi Accademici mi feci coraggio ed accettai questo non meritato grande onore per cui con li più vivi Sentimenti del Cuore le rendo grazie infinite, e mi pregio di essere Delle Signorie Vostre. Perugia 8 dicembre 1814. Umilissimo obbligatissimo servitore Mollari”.
La nomina a socio emerito dell’antica accademia perugina prelude al successivo trasferimento di Antonio Mollari in Umbria, laddove espleta numerosi incarichi professionali legati alla ricostruzione post-sismica, nel cui novero, oltre al progetto di pronto intervento per la basilica assisiate di Santa Maria degli Angeli (1832), risaltano quelli redatti nel folignate: dal restauro della Chiesa del monastero di Betlem (1832) e della Chiesa della Madonna del Mausoleo (1832-33) alla ricostruzione della Chiesa priorale di Budino (1832) e della Chiesa parrocchiale di Scafali (1832) fino alla costruzione della Chiesa parrocchiale della Villa di Colle San Lorenzo (1833) e della facciata del palazzo Comunale. Una facciata dall’iter controverso, che inizia nel febbraio 1834, quando il Comune di Foligno bandisce il “Concorso per la Decorazione della facciata, e ristauro della Torre”, prosegue tra il gennaio e il febbraio 1835, quando è attiva la commissione all’uopo nominata dalla Pontificia Accademia di Belle Arti di Bologna, e si conclude nell’ottobre 1835, quando l’ingegnere Angelo Zucchini di Spoleto firma la pratica di collaudo. Ma anche una facciata-contrafforte, che suggella la teoria delle facciate addossate agli edifici danneggiati dagli eventi sismici del 1832. E che, al pari della facciata di palazzo Trinci, non si limita ad assolvere un’importante funzione statica, ma svolge anche un prezioso compito scenografico, rinnovando in chiave neoclassica la quinta nord-occidentale della vecchia piazza Grande. Così come avviene nel palazzo Ranghiasci-Brancaleoni di Gubbio (1841) e nella Chiesa collegiata di Santa Maria Assunta di Otricoli (1841).
L'eredità di Valadier sui restauri ottocenteschi: epigoni ed esempi
Stefano Gizzi
non pervenuto
Per la tutela e la valorizzazione delle “tracce” di Mollari in Umbria e nelle Marche
Massimo Montella
Poiché sopravvive solo ciò di cui si riconosce il valore, non c’è tutela se non a seguito della valorizzazione. Quando poi si tratti di episodi esclusi dal convenzionale “canone dell’eccellenza”, difficilmente potrà soccorrerli un’azione di tutela rapsodica e puramente passiva. Le sole possibilità per la loro sopravvivenza consistono nel perdurare del valore d’uso anche a prezzo di rifunzionalizzazioni, come avvenuto, per quanto qui ci interessa, nel caso di palazzo Ugolini, e in un governo del territorio/paesaggio attento a salvaguardare l’asset essenziale per ogni prospettiva di sviluppo sostenibile costituito dalla distintiva identità dei luoghi ovvero dalla loro cultura intesa in lata accezione antropologica. Difatti il valore efficiente anche delle realizzazioni di Mollari attiene, più che all’individuale loro eccezionalità, alla relazione che hanno con la formazione storica della identità dei luoghi e, dunque, con i sistemi culturale, sociale, economico ai quali contribuì, e rispetto ai quali chiarisce la sua importanza, il lavoro che questo ingegnere del Dipartimento del Musone condusse attraverso i governi pontificio, austriaco e francese e che, terminato il periodo napoleonico, tornò a svolgere nello Stato pontificio e particolarmente in Umbria, grazie all’amicizia del cardinale Rivarola.
Entro questa ampia cornice storica lo studio delle periferie vale anche a ricostruire il contributo da queste fornito alla formazione dei modelli artistici invalsi nei centri maggiori e non poco interessa, infatti, la ricostruzione delle committenze di Mollari e dei suoi rapporti con figure come Valadier, Canova, Piermarini e con aree del paese anche discoste come Trieste.
Attività di studio di tal genere, sulle quali deve poter fondare ogni forma di valorizzazione, dovrebbero impegnare normalmente, su incarico dei responsabili dello sviluppo di questi territori, le università insieme agli istituti culturali locali e in primo luogo ai musei, alle biblioteche e agli archivi. Ma, se si vuole “sviluppo sostenibile”, le conoscenze, man mano che vengano acquisite, debbono essere diffuse al di là dell’ambito accademico. In particolare molto potrebbe giovare a questo l’organizzazione di fondi documentari in musei concepiti come “musei del territorio”, dai quali avviare itinerari paesistico-territorali sia olistici che puntuali, come potrebbe farsi in questo caso per il periodo neoclassico.
Progettare la memoria: le fonti per l'architettura nel web archivistico italiano.
Federico Valacchi
L'’intervento, dopo avere definito in via preliminare la natura e la fisionomia degli archivi di architettura, prenderà in esame le risorse web disponibili al riguardo, analizzando i principali progetti presenti in rete nel tentativo di fornire un quadro sintetico della disseminazione telematica di questi preziosi e complesssi sistemi di fonti.