Back to Homepage

 

 

Razionalità ed emozione, ordine e disordine, aspetti immanenti e trascendenti nell’espressione di sei artisti

 

Tutto è iniziato da quelle pitture rupestri. I suoni sicuramente già esistevano e, tra loro, quegli esseri primordiali comunicavano. Ma poi è nata l’idea di comunicare anche con chi non era presente ed è così che la loro comunicazione è diventata disegno. Da questo incipit si è sviluppata gradualmente la scrittura e successivamente la scrittura, con la sua spontanea evoluzione verso una grande complessità espressiva, ha permesso l’analisi non solo quindi la rappresentazione tout court. La possibilità di esprimere non solo la realtà ma anche l’immaginario, l’ipotetico ha permesso all’UOMO di non accettare la realtà così come appare, come un unicum, ma di scomporre l’unicum in stati ipotetici con cui poi poter ricomporre la realtà come sovrapposizione di questi stati.

Da questo momento l’UNICUM per mezzo dell’analisi verrà scomposto in parti. Possiamo scomporre l’uomo in anima e materia, le sue espressioni in sentimento e ragione, le sue pulsioni in spiritualità e carnalità, il suo approcciarsi con il mondo in osservazione e  razionalizzazione. Nasce così la rappresentazione duale (o plurale) del mondo, che è molto frequente sia nelle scienze fisiche che in quelle umane. Vien quasi da chiedersi se è quindi il mondo ad essere connaturato nel duale o se è una necessità dell’uomo quella di esprimere la realtà attraverso una rappresentazione duale od anche plurale, perché altri mezzi sarebbero inadeguati alla rappresentazione. Sicuramente la realtà ha una sua connotazione ben precisa, ma la grande varietà di comportamenti ci ha canalizzato alla rappresentazione della realtà come sovrapposizione di astrazioni logiche: Onda/particella (De Broglie), Materia/energia (Einstein), Bene/male. Le scienze molecolari poi si fondano sul principio della sovrapposizione di stati quantici, che già al primo anno di Chimica gli studenti conoscono con il nome di Risonanza.

            Le arti figurative non vengono meno a questo andamento. Osservando le opere di un artista, le si etichetta in base a tipo (scultura, pittura, collage...), a stile (impressionismo, realismo...). Ma se si va ad analizzare il contenuto delle opere emerge chiaramente che l’artista opera tra due livelli espressivi: livello emozionale e livello concettuale o razionale, e, a seconda dell’opera o dell’artista o del periodo, l’espressione è più o meno spostata verso uno dei due livelli.

            L’artista e lo scienziato hanno in comune il primo passo creativo: l’esperienza. Può essere casuale o preparata, ma sicuramente l’impatto tra il sensore “uomo” e l’accadimento sperimentale genera un’empatia. Poi le strade si diversificano perché lo scienziato impianta un’analisi attraverso linguaggi logico-matematici, il più possibile scevri da pressioni emozionali (anche se quell’empatia iniziale può sempre occhieggiare). L’artista invece rivive in sé l’esperienza e l’assoggetta ad un lavoro di scarnificazione per togliere le sovrastrutture, cioè tutto ciò che è in più rispetto al “suo” vero, al nucleo essenziale dell’emozione. E questo nucleo avrà sempre le due impronte: l’emozionalità, che discende dall’esperienza (l’impatto con il mondo) e dal sistema di sentimenti che stanno intorno, e la razionalità, che discende dal lavoro di indagine analitica dell’esperienza.

            Quindi il pittore e lo scultore, pur utilizzando nella comunicazione il metodo “antico” delle pitture o graffiti rupestri, sono ora contagiati dalla dimensione dell’analisi interiore, della ricerca delle astrazioni logiche. Il loro cammino accidentato è pieno di se, di condizionali, di dubbi, è cioè un’analisi a tutti gli effetti, volta alla ricerca di quelle astrazioni generali (figlie dell’esperienza) in cui tutti possano riconoscersi.

Ripercorrendo lo sviluppo del pensiero scientifico, sicuramente noteremo che l’analisi dell’esperienza porta alla catalogazione, successivamente permette di salire ancora più in alto alla ricerca di un modello logico che condensi in maniera razionale il fenomeno, poi in genere il passo finale è la ricerca della teoria, che riunirà in sé più modelli. LO SCIENZIATO e L’ARTISTA quindi usano i loro linguaggi per smembrare l’esperienza , sottoponendola ad analisi,  e con le parti di questa analisi costruire la verità o meglio la loro verità. Se pensiamo al concetto di ordine/disordine, ambedue (scienziato ed artista) in fondo vanno alla ricerca dell’ordine nel disordine. Se duemila anni fa l’ordine era la perfezione statica dell’arte greca, successivamente era le tensione verso l’alto del cristianesimo, ora è una ricerca di valori archetipici nella personalità individuale.

In questa collettiva vogliamo mostrare come anche nel mondo dell’arte l’espressione oscilli tra i due estremi di immanenza e trascendenza, ma mostriamo anche come questi due termini assumano connotazioni diverse nei diversi artisti.

 

G.Berchiesi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ASSOCIAZIONE CULTURALE DIEGO DE MINICIS, PETRIOLO (MC)

 

Mostra tenuta presso la Sala Foresi del Comune di Civitanova Marche dal 22 al 30 Maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lino Gentili Lucertini Malaspina

 

  

1                                                                                                                                2

 

Nel suonatore errante (fig.1) è impresso un attimo di felicità, strappato alla vita. Ci si trova di fronte ad una espressione emozionale. Ma se l’impatto con il vivere è drammatico come l’eccidio di Nassiriya, allora nasce il monumento AI CADUTI DI NASSIRIYA (fig.2).

 

3

 

In quest’opera l’emozione è relegata alla scelta del materiale, che ricorda la distruzione, ma l’assemblaggio dei pezzi meccanici in una forma organizzata ed ordinata, come fiamma, ci indica che la distruzione, alla fine, si ricompone nell’ordine e quindi nella speranza. Così pure nella composizione scultorea La Morte di Abele (fig.3) sono presenti il sacrificio di Abele, la distruzione psicologica di Caino, rappresentato come una materia contorta, e la Misericordia di Dio che riprende in sé il giusto e l’ingiusto.

E’ chiaro quindi che lo scultore sta compiendo una ricerca sempre più profonda intorno alle problematiche BENE/MALE, ORDINE/DISORDINE, IMMANENZA/TRASCENDENZA. Questo poi ancor più si evidenzia nell’ultima opera del maestro (fig.4): L’ULTIMO VOLO (Petriolo, Via Castellano)

 

4

 

Il vecchio cerilo stanco e provato vola con l’aiuto delle alcioni. Vola sopra un mare di ricordi, color acquamarina, da cui si staccò una corrente musicale per giungere fino al cielo giallo ocra del primo mattino. Da questo cielo le note musicali continuano ad influenzare il cerilo. Qui lo scultore per la prima volta parla di un cielo dove risiede il bene perduto, parla della dimensione immanente e di quella trascendente che continuano a restare in contatto attraverso l’elemento femminile, rappresentato dalle note musicali. Crea soprattutto uno spazio psichico, delimitato dall’immanente e dal trascendente, dove il cerilo, nero come il dolore che lo pervade, vola. Quindi, questo monumento diventa una sorta di razionalizzazione del male che ha creato turbamento e dolore: il dolore viene espresso dal gruppo di uccelli neri, la felicità perduta dal mare blu acquamarina, il mare dei ricordi, il BENE attuale dal cielo giallo ocra. Tre dimensioni che l’elemento femminile (le note) tiene in costante unione.

In Gentili, la trascendenza ha una connotazione molto personale, sembra quasi che sia una necessità perché il BENE non si annulli, non è quindi una trascendenza legata ad un particolare credo religioso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Franca Bavaj

 

1

 

 

La scultrice è per formazione un’analista. Se esaminiamo una sua maternità, già al primo impatto si nota che coglie il lato fondamentale della maternità: la protezione, l’attaccamento della madre al figlio, che esprime in maniera molto lineare con la grande mano in primo piano. E’ la mano l’elemento più significativo dell’opera. La donna madre quindi protegge, come una mitica eroina greca, ma Franca Bavaj non si arresta a questo stadio emozionale. Va oltre. La sua formazione razionale e religiosa vede la donna partecipe di un processo creativo più ampio. Ecco allora che nasce il monumento dell’Incarnazione (fig.1) in cui lo spirito creatore si incarna nella donna, che diventa così partecipe della creazione, facendosi ancella della forza creativa e di conseguenza madre celeste. Cioè dell’aspetto umano della maternità coglie l’elemento PROTEZIONE, ma va oltre e nella maternità coglie anche l’aspetto CREATIVO o meglio la partecipazione alla forza creativa dell’universo (espressa come fiamma) e quindi esprime la femminilità come elemento di unione tra il cielo e la terra. Si noti la verticalità di quest’opera, che già di per sé parla di trascendenza: l’opera comunica la spinta verso l’alto della donna mentre la fiamma divina scende verso di lei.

 

             

                                 2                                                                        3

 

La femminilità quindi in Franca Bavaj è molto di più di un tenero abbraccio tra madre e figlio (fig.2) perché è parte della natura (fig.4)

 

4

 e soprattutto partecipazione ai Piani Creativi Universali ed elemento emulsionante fra l’immanente e il trascendente.

Per Franca Bavaj la trascendenza deriva dalla FEDE e rappresenta il mistero della vita, in cui gioca un ruolo fondamentale la DONNA, elemento di unione fra cielo e terra, anche quando questa incarna un modello semplice di fede, come quello delicatamento espresso nel bassorilievo di figura 3.

 

5

E’ una scultura verticale quella dell’Incarnazione, perché è una discesa di Dio nella carne e un’ascesa dell’umanità a Dio che la scultrice vuole rappresentare ed effettivamente l’opera comunica questa tensione dell’umano verso il Divino.

Prometeo è l’ultimo tema trattato da Franca Bavaj (fig.5): il furto del fuoco agli Dei. Si osservi, oltre alla plasticità del corpo, il senso della fuga che emerge da questa scultura. In Prometeo si narra la lotta dell’uomo per “crescere”, rubando i segreti della vita, e il senso di fuga in quest’opera è l’aspetto creativo più importante della scultura, espresso dall’orizzontalità, come la Comunione tra spirito Creatore e Donna-madre terrena, espresso dalla verticalità, è l’elemento caratterizzante dell’Incarnazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anna Sagni

 

1

 

Delle tempeste attraverso le quali ha navigato ha scartato tutta la parte horribilis, poiché quella parte ha costituito unicamente l’humus in cui ha iniziato una ricerca volta a rimettere ordine. La pittura per lei è un modo per effettuare la transizione umana dal disordine all’ordine. Se nel suo mondo al femminile espresso mirabilmente dall’ordine emozionale di un mazzo di fiori o di una composizione di frutta succosa (fig.1), uno sconvolgimento porta il disordine, come una tempesta può stravolgere un paesaggio, ecco che il suo lavorio interno la porta a rappresentare un fortunale che piega la vita e disperde la LUCE in tanti punti luce (fig.2). All’interno quindi dell’uragano è ancora in grado di razionalizzare l’evento e di esprimere la negatività come albero piegato sopra un mare agitato in cui la luce esiste frammentata in tanti punti luce.

 

2

 

  

                                                              3                                 4

5

 

Da qui poi risale nel processo di razionalizzazione e la luce si ricostituisce nella nuvola bianca (fig.3) che sta oltre l’albero secco, in quella grande luna (fig.4) con la quale la donna si interroga. E nella sua migliore creazione la luce non è comprimaria, ma attrice principale. La luce diventa la forza immaterica che fora il buio, che rischiara il mare (fig.5). La razionalizzazione della vita l’ha condotta a questa rappresentazione astratta della femminilità e al conseguente ordine che ne deriva. Ordine non solo della composizione, ma ordine emozionale soprattutto. Nelle sue opere, Anna Sagni non affronta temi religiosi, anche se è religiosa, ma razionalizza il vissuto fino a forme di astrazione logica, che raggiungono vette di “razionalità emozionale”, come in LUCE, dove la tenebra, il cono di luce e il mare rappresentano il male, il bene e il vissuto, che convivono in una composizione, dove ogni cosa è al suo posto.

Anche se non si nota una trascendenza in senso religioso, è questa transizione dal disordine emozionale all’ordine razionale il percorso di elevazione spirituale della pittrice. Ed ancor più nell’ultima opera “Volo di Angeli”, (fig.6), la pittrice comunica che quando la tempesta è passata e la vita ha ritrovato la sua calma, una teoria di forme astratte, luminose della luce del mattino, unisce il vissuto alla dimensione trascendente. E’ passata cioè dal disordine della tempesta all’ordine razionale.

 

6

 

Franco Morresi

A osservare bene le sue tele emerge che Morresi è l’uomo del mare, che naviga nella vita e ne coglie le burrasche e le bonacce. A volte la sua pittura comunica un’ordine (fig.1)

 

che a volte cede il passo a stati d’ansia (fig.2)

 

2

La sua emozionalità ha infatti molte “temperature”, figlie di stati d’animo variabili e complessi.

Conoscendolo, si percepisce che la sua sensibilità è come una radice, che penetra nel mondo e succhia emozioni, gioie, drammi che il pittore fa sue e le imprime nella tela. La sua comunicazione è rapida, immediata e coinvolgente (fig.3):

 

3

 

Tutto questo vissuto, sapientemente analizzato e riportato su tela, costituisce infine un bagaglio enorme di pulsioni, che lo spingono a creare quella stupenda e colossale opera, che è la Via Crucis. In questa opera il maestro trova un ordine catartico, una via purificatrice per il suo vissuto. Questo suo percorso ricorda anche quello di poeti come Beaudelaire

Soyez béni, mon Dieu, qui donnez la souffrance
Comme un divin remède à nos impuretés
Et comme la meilleure et la plus pure essence
Qui prépare les forts aux saintes voluptés!

che trova in Dio la razionalizzazione della sofferenza. Morresi affronta nella sua Via Crucis, di cui viene mostrata la stazione della deposizione (fig.4):

 

4

il problema del male che attanaglia l’umanità e che si supera attraverso il sangue purificatore.

Qui l’umanità sofferente, espressa dalla Vergine, e il potere del Sacrificio espresso dal Rosso sangue e dalla serenità del Cristo si coniugano per esprimere la catarsi dell’umanità verso un destino superiore. Immanente e trascendente in una sola tela, espressione più alta di un lungo percorso di vita e di analisi del proprio vissuto.

 

 

Andrea Gambugiati

E’ così giovane quest’artista lanciato nel mondo della scultura che non si può dire dove lo condurrà il suo estro creativo. Ma allo stato attuale balza subito alla mente innanzi tutto che vuole dialogare ma lo fa usando un linguaggio forte, vicino quasi allo schiaffo. Ti colpisce, forse per dirti quanto profondo è il suo disagio di fronte alla vita. Già al primo anno di Accademia, ha creato quella che a mio avviso rappresenta la sua visione del mondo:

 

 

1

 

Un volto primitivo, quasi da feto, che poi si sviluppa in un corpo possente, trafitto dalla tecnologia, che ne tronca lo sviluppo (fig.1). Un filo elettrico a mo’ di cordone ombellicale lega tutto alla Croce. Scultura emozionante, nella sua crudezza, parla di un’umanità destinata a distruggersi, destinata a non comunicare, a chiudersi. E’ in fondo la sintesi razionale della sua visione dell’umanità, che successivamente ha affrontato in altre opere, come IN ATTESA DI CHI (fig.2), dove è chiara la denuncia di perdita di umanità. Un vivere meccanico attende l’umanità e privo di caldi abbracci? Blocchi e chiusure saranno compagni di vita? E, strano a dirsi, la risposta a questi inquietanti interrogativi lo scultore l’ha già data nella sua prima opera: l’umanità è legata alla Croce su cui si sviluppa, cresce e muore. Lo scultore quindi ha chiara in la natura del mondo. E il suo percorso creativo l’ha portato a rappresentare prima la razionalizzazione (figura 1), poi gli stati emotivi (fig.2-5).

                         

                      2                                             3                                                4

 

                                                                                 5

 

Uomini chiusi in gabbie (fig.5), uomini con le braccia bloccate (fig.3), madri o madri-robot (fig.2), bamboline meccanizzate prive di slanci (fig.4): questa è l’umanità a cui tende la nostra società e su cui incombe la tecnologia, che è vista come elemento in competizione con la carnalità e la spiritualità dell’essere umano. Scultore inserito nelle problematiche odierne, che affronta con originalità, usando materiali e tecniche varie, ma sempre con sorprendente impatto comunicativo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Yaeko Kato

 

E’ chiaro che per Yaeko occorrerebbe una personale per parlare del suo mondo, che è complesso perché su una base culturale orientale, composta e stilizzata, si è innestato il disordine emozionale del vivere occidentale.

Ma, scorrendo la sua vasta produzione, ho enucleato quella parte, che può innestarsi nel tessuto logico di questa collettiva: il dualismo.

 

1

 

Anche se attratto dai suoi ritratti femminili (fig.1), di grande perfezione, iperrealisti, ma al contempo di chiari contenuti psicologici, ho scelto la danza perché è in questa tematica che la pittrice, pur esprimendosi sempre nell’iperrealismo, chiaramente si sposta da un livello di verismo fotografico, come in TANGO (fig.2), in cui lo sfondo, che sembra una rosa o una peonia, smorza un po’ il tratto verista (creando un contrasto tra il vero dei danzatori e l’irreale ambiente in cui danzano) fino a giungere alla tela DUE FARFALLE (fig.3) in cui la danza è solo un pretesto per creare un’atmosfera onirica e fiabesca.

 

2

3

 

Analogamente i “pattinatori” dalla intensa carica dinamica ed erotica (fig.4) sono il contraltare dei due danzatori che su uno sfondo floreale creano una geometria di incanto estetico (fig.5) , dove la specularità delle due figure gioca un ruolo di ORDINE. Cioè le figure 4 e 5 rappresentano il passaggio dal disordine all’ordine, dall’emozionalità alla razionalità formale.

 

4

 

Si può dire che i riferimenti floreali e la costruzione geometrica rappresentano il legame con l’oriente,  il livello spirituale è di impronta onirico-fiabesca (figure 3, 5, 6).

 

 

5

 

6

 

In 2 e 4 la danza è nella sua espressione VERA, nelle altre figure la danza è stata elaborata per creare SOGNI o FIABE, che aiutano a fuggire dal quotidiano per astrarsi in un ambiente leggero senza condizionamenti e senza gravità.

 

 

Back to Homepage